A JOURNEY AT 54. VENICE BIENNALE
ita
Arte e vita, un legame che da sempre appartiene all'uomo e che si esprime attraverso il desiderio di comunicare. Ogni giorno ognuno di noi dovrebbe guardare un quadro, una fotografia, leggere un libro, ascoltare musica per poter sprigionare dentro di sé l'energia necessaria per vivere, esprimersi e difendersi.
Questo progetto è nato in occasione della partecipazione della Fondazione Sambuca alla 54° Biennale di Venezia.
La fondazione sostenendo tre importanti artisti alla mostra internazionale Mariana Castillo Deball, Martin Creed e Philippe Parreno, la fondazione ha invitato Shobha a raccontare questo particolare appuntamento, che da anni, con la sua macchina fotografica lavora, produce e contribuisce a raccontare l'arte contemporanea in modo sensibile e delicato in giro per il mondo. La storia tra Shobha e la biennale risale fin dalla sua adolescenza quando accompagnata dalla madre la grande fotografa Letizia Battaglia, ne frequenta tutte le direzioni nelle quali scopre tutti i grandi artisti del secolo scorso. Questa relazione di crescita e conoscenza continua nel tempo.
Shobha nel frattempo elabora e costruisce il suo alfabeto espressivo ed espone nel 1995 nella rassegna veneziana, negli anni a cavallo del millennio nel raccontare ogni appuntamento, documentando tutto ciò che ne cattura la sua attenzione. Sono gli anni delle biennali di Szeemann, dove conosce e collabora con molti dei protagonisti ma non solo. Ritrae uno spaccato di un intero mondo creativo. Testimonia il complesso sistema dell'arte tra due millenni in continuo divenire, il risultato è sorprendente, un diario di una giornata tra i tanti appuntamenti della biennale dove ogni immagine è parte di un disegno complessivo nel quale la cronologia viene annullata e diventata riflessione, annotazione, segno e nota di una partitura. Fotografie rigorosamente in bianco e nero con uno sguardo al femminile, dove sono narrati principali appuntamenti che, attraverso la sua interpretazione, ritraggono lo scenario nel suo sistema più intimo. Un racconto che coglie caratteri e atmosfere, visioni e contraddizioni tali da trasformassi fotogramma dopo fotogramma in una rappresentazione unica e spazio della memoria. Un percorso che parte dai Giardini di Castello con ingresso del padiglione internazionale, dove campeggia la scritta "La Biennale" circondata dai piccioni di Maurizio Cattellan a ricordare lo spazio temporale di questo particolare appuntamento. Uno scatto che ne rappresenta quasi un segno distintivo. Il viaggio si snoda tra le opere distribuite nei diversi padiglioni, dove Shobha si sofferma su quelle che coniugano la loro visione con la sua poetica narrativa che, diviene in questo percorso visivo parte di uno scritto di appunti complesso. Una sequenza che procede con una scansione ritmata, regolare puntuale dove sono immortalate espressioni ed emozioni. Una carrellata dove si susseguono i tanti soggetti di questo racconto come l'opera di Philippe Parreno posta all'ingresso del padiglione internazionale, una pensilina di luce in stile hollywoodiano, fotografata da Shobha mentre a sua volta viene fotografata da un cellulare con sotto una coppia che si bacia. Una spettatrice nel plasmare la materia plastica di Norma Jane. Una bandiera egiziana di plastilina a forma di cubo divenuto elemento da manipolare quale simbolo della disgregazione che ha vissuto il paese.
La gigantesca scultura/candela di un Urs Fisher, commenta da un gruppo di visitatori incuriositi. Le forme architettoniche dissonanti del padiglione di Monika Sosnowska.
Gambe femminili in movimento che si riflettono negli specchi dell'opera di Monica Bonvicini. Una spettatrice che fissa il susseguirsi di immagini della video animazione di Mariana Castillo Deball. E poi una bambina dentro le sale del padiglione russo che ascolta incuriosita questo mondo nuovo presente alla biennale.
Una giovane donna nell'atto di pregare, con lo sfondo l'opera di Jannis Kounellis e una nuda schiena che si contrappone alla bandiera di stracci tricolori di Michelangelo Pistoletto nel nostro discusso padiglione nazionale.
Questi appunti di viaggio fotografici si snodano poi tra le opere esposte all'esterno, opere che invadono gli spazi e dove Shobha pone l'accento su un gruppo di enigmatiche sculture dal timbro religioso di Katharina Fritsch con lo sfondo della Venezia industriale che ne determina così il luogo e il contesto spaziale.
La sequenza continua con la performance dei Gelitin, dove uno scatenato batterista batte i tempi di un'opera viva e ambientale dai forti contenuti erotico/esoterici. Il percorso prosegue con Franz West, una scultura composta da un grande nodo rosa realizzato nell'ampio spazio dei prati dell’Arsenale che fa da preludio a un viaggio tra suggestioni ed emozioni.
Il fumo sprigionato dalla scultura architettonica futuribile del cinese Cai Zhisong che inghiotte gli spettatori creando un senso di estraniamento, la zampa di un grande topo gonfiabile degli Union Rats che accoglie la testa di un giovane divertito nell'essere rassicurato dalla giovialità del soggetto.
Shobha non tralascia gli eventi collaterali. Colpiscono per la forte espressione formale e politica, gli artisti mediorientali, che denunciano le condizioni del loro paese ancora troppo violente, contraddittorie e discriminanti per il mondo femminile. Shobha non poteva non registrarle e metterle in mostra. Il diario annota non solo i luoghi dell'arte. Shobha percorre calli e campielli, fondachi e rive della città, dove stravaganti personaggi vagano da un appuntamento all'altro, da un'inaugurazione all'altra, da una festa all'altra, nella classica piacevole frenesia della vernice veneziana. Shobha non fissa i singoli soggetti ma ne coglie le atmosfere.
Le fotografie nel loro complesso, rappresentano quindi un momento di sintesi, dove opere e soggetti si fondano nel costruire un lessico compositivo che pone il senso della rappresentazione in un costrutto poetico tale da ridefinire uno scenario dai forti contenuti espressivi. Un viaggio che racconta punti di vista, senza gerarchie ne retoriche visioni.
Paolo Falcone
Copyright Shobha
All rights reserved
eng
Art and life, a bond that has always belonged to man and that is expressed through the desire to communicate. Every day each of us should look at a painting, a photograph, read a book, listen to music in order to be able to release within ourselves the energy necessary to live, express ourselves and defend ourselves.
This project was born on the occasion of the participation of the Sambuca Foundation at the 54th Venice Biennale.
The foundation supporting three important artists at the international exhibition Mariana Castillo Deball, Martin Creed and Philippe Parreno, the foundation has invited Shobha to tell this particular event, which for years has been working, producing and contributing to the narration of contemporary art with his camera in a sensitive and delicate way around the world. The story between Shobha and the biennial dates back to her adolescence when accompanied by her mother the great photographer Letizia Battaglia, she frequents all directions in which she discovers all the great artists of the last century This relationship of growth and knowledge continues over time.
In the meantime, Shobha elaborates and builds his expressive alphabet and exhibits in 1995 in the Venetian exhibition, in the years at the turn of the millennium in recounting each appointment, documenting everything that captures his attention. These are the years of the Szeemann biennials, where he meets and collaborates with many of the protagonists but not only. It portrays an insight into an entire creative world. It bears witness to the complex system of art between two millennia in continuous evolution, the result is surprising, a diary of a day among the many appointments of the biennial where each image is part of an overall design in which the chronology is canceled and becomes reflection, annotation, sign and note of a score. Strictly black and white photographs with a feminine look, where the main events are narrated which, through her interpretation, portray the scenario in its most intimate system. A story that captures characters and atmospheres, visions and contradictions such as to transform frame after frame into a unique representation and memory space. A path that starts from the Castle Gardens with the entrance to the international pavilion, where the wording "La Biennale" stands out surrounded by Maurizio Cattellan's pigeons to remind the space and time of this particular appointment. A shot that almost represents a distinctive sign. The journey winds through the works distributed in the various pavilions, where Shobha lingers on those that combine their vision with her narrative poetics which, in this visual itinerary, becomes part of a complex written note. A sequence that proceeds with a rhythmic scansion, regular punctual where expressions and emotions are immortalized. A tracking shot where the many subjects of this story follow one another such as the work by Philippe Parreno placed at the entrance to the international pavilion, a Hollywood-style light canopy, photographed by Shobha while in turn being photographed by a mobile phone with a couple below who kisses. A spectator in shaping Norma Jane's plastic material. A cube-shaped plasticine Egyptian flag that has become an element to be manipulated as a symbol of the disintegration that the country has experienced.
The gigantic sculpture/candle of an Urs Fisher, commented by a group of curious visitors. The dissonant architectural forms of Monika Sosnowska's pavilion.
Female legs in movement that are reflected in the mirrors of Monica Bonvicini's work. A spectator staring at the succession of images in Mariana Castillo Deball's video animation. And then a little girl inside the halls of the Russian pavilion listening curiously to this new world present at the biennial.
A young woman in the act of praying, with the work of Jannis Kounellis in the background and a bare back that contrasts with the tricolor rag flag of Michelangelo Pistoletto in our controversial national pavilion.
These photographic travel notes then wind through the works exhibited outside, works that invade the spaces and where Shobha places the accent on a group of enigmatic sculptures with a religious stamp by Katharina Fritsch with the background of industrial Venice which thus determines place and spatial context.
The sequence continues with Gelitin's performance, where a wild drummer beats the tempo of a living and ambient work with strong erotic/esoteric content. The itinerary continues with Franz West, a sculpture composed of a large pink knot created in the large space of the lawns of the Arsenale which is the prelude to a journey between suggestions and emotions.
The smoke given off by the futuristic architectural sculpture of the Chinese Cai Zhisong which engulfs the spectators creating a sense of estrangement, the paw of a large inflatable mouse of the Union Rats which welcomes the head of a young man amused in being reassured by the joviality of the subject.
Shobha does not leave out the side events. The Middle Eastern artists are striking for their strong formal and political expression, denouncing the conditions of their country that are still too violent, contradictory and discriminating for the female world. Shobha could not but record them and put them on display. The diary notes not only the places of art. Shobha walks through calli and campielli, warehouses and banks of the city, where extravagant characters wander from one appointment to another, from one inauguration to another, from one party to another, in the classic pleasant frenzy of Venetian paint. Shobha does not fix the individual subjects but captures their atmospheres.
The photographs as a whole therefore represent a moment of synthesis, where works and subjects are founded in building a compositional lexicon that places the sense of representation in a poetic construct such as to redefine a scenario with strong expressive contents. A journey that tells points of view, without hierarchies or rhetorical visione.
Paolo Falcone
Copyright Shobha
All rights reserved
Arte e vita, un legame che da sempre appartiene all'uomo e che si esprime attraverso il desiderio di comunicare. Ogni giorno ognuno di noi dovrebbe guardare un quadro, una fotografia, leggere un libro, ascoltare musica per poter sprigionare dentro di sé l'energia necessaria per vivere, esprimersi e difendersi.
Questo progetto è nato in occasione della partecipazione della Fondazione Sambuca alla 54° Biennale di Venezia.
La fondazione sostenendo tre importanti artisti alla mostra internazionale Mariana Castillo Deball, Martin Creed e Philippe Parreno, la fondazione ha invitato Shobha a raccontare questo particolare appuntamento, che da anni, con la sua macchina fotografica lavora, produce e contribuisce a raccontare l'arte contemporanea in modo sensibile e delicato in giro per il mondo. La storia tra Shobha e la biennale risale fin dalla sua adolescenza quando accompagnata dalla madre la grande fotografa Letizia Battaglia, ne frequenta tutte le direzioni nelle quali scopre tutti i grandi artisti del secolo scorso. Questa relazione di crescita e conoscenza continua nel tempo.
Shobha nel frattempo elabora e costruisce il suo alfabeto espressivo ed espone nel 1995 nella rassegna veneziana, negli anni a cavallo del millennio nel raccontare ogni appuntamento, documentando tutto ciò che ne cattura la sua attenzione. Sono gli anni delle biennali di Szeemann, dove conosce e collabora con molti dei protagonisti ma non solo. Ritrae uno spaccato di un intero mondo creativo. Testimonia il complesso sistema dell'arte tra due millenni in continuo divenire, il risultato è sorprendente, un diario di una giornata tra i tanti appuntamenti della biennale dove ogni immagine è parte di un disegno complessivo nel quale la cronologia viene annullata e diventata riflessione, annotazione, segno e nota di una partitura. Fotografie rigorosamente in bianco e nero con uno sguardo al femminile, dove sono narrati principali appuntamenti che, attraverso la sua interpretazione, ritraggono lo scenario nel suo sistema più intimo. Un racconto che coglie caratteri e atmosfere, visioni e contraddizioni tali da trasformassi fotogramma dopo fotogramma in una rappresentazione unica e spazio della memoria. Un percorso che parte dai Giardini di Castello con ingresso del padiglione internazionale, dove campeggia la scritta "La Biennale" circondata dai piccioni di Maurizio Cattellan a ricordare lo spazio temporale di questo particolare appuntamento. Uno scatto che ne rappresenta quasi un segno distintivo. Il viaggio si snoda tra le opere distribuite nei diversi padiglioni, dove Shobha si sofferma su quelle che coniugano la loro visione con la sua poetica narrativa che, diviene in questo percorso visivo parte di uno scritto di appunti complesso. Una sequenza che procede con una scansione ritmata, regolare puntuale dove sono immortalate espressioni ed emozioni. Una carrellata dove si susseguono i tanti soggetti di questo racconto come l'opera di Philippe Parreno posta all'ingresso del padiglione internazionale, una pensilina di luce in stile hollywoodiano, fotografata da Shobha mentre a sua volta viene fotografata da un cellulare con sotto una coppia che si bacia. Una spettatrice nel plasmare la materia plastica di Norma Jane. Una bandiera egiziana di plastilina a forma di cubo divenuto elemento da manipolare quale simbolo della disgregazione che ha vissuto il paese.
La gigantesca scultura/candela di un Urs Fisher, commenta da un gruppo di visitatori incuriositi. Le forme architettoniche dissonanti del padiglione di Monika Sosnowska.
Gambe femminili in movimento che si riflettono negli specchi dell'opera di Monica Bonvicini. Una spettatrice che fissa il susseguirsi di immagini della video animazione di Mariana Castillo Deball. E poi una bambina dentro le sale del padiglione russo che ascolta incuriosita questo mondo nuovo presente alla biennale.
Una giovane donna nell'atto di pregare, con lo sfondo l'opera di Jannis Kounellis e una nuda schiena che si contrappone alla bandiera di stracci tricolori di Michelangelo Pistoletto nel nostro discusso padiglione nazionale.
Questi appunti di viaggio fotografici si snodano poi tra le opere esposte all'esterno, opere che invadono gli spazi e dove Shobha pone l'accento su un gruppo di enigmatiche sculture dal timbro religioso di Katharina Fritsch con lo sfondo della Venezia industriale che ne determina così il luogo e il contesto spaziale.
La sequenza continua con la performance dei Gelitin, dove uno scatenato batterista batte i tempi di un'opera viva e ambientale dai forti contenuti erotico/esoterici. Il percorso prosegue con Franz West, una scultura composta da un grande nodo rosa realizzato nell'ampio spazio dei prati dell’Arsenale che fa da preludio a un viaggio tra suggestioni ed emozioni.
Il fumo sprigionato dalla scultura architettonica futuribile del cinese Cai Zhisong che inghiotte gli spettatori creando un senso di estraniamento, la zampa di un grande topo gonfiabile degli Union Rats che accoglie la testa di un giovane divertito nell'essere rassicurato dalla giovialità del soggetto.
Shobha non tralascia gli eventi collaterali. Colpiscono per la forte espressione formale e politica, gli artisti mediorientali, che denunciano le condizioni del loro paese ancora troppo violente, contraddittorie e discriminanti per il mondo femminile. Shobha non poteva non registrarle e metterle in mostra. Il diario annota non solo i luoghi dell'arte. Shobha percorre calli e campielli, fondachi e rive della città, dove stravaganti personaggi vagano da un appuntamento all'altro, da un'inaugurazione all'altra, da una festa all'altra, nella classica piacevole frenesia della vernice veneziana. Shobha non fissa i singoli soggetti ma ne coglie le atmosfere.
Le fotografie nel loro complesso, rappresentano quindi un momento di sintesi, dove opere e soggetti si fondano nel costruire un lessico compositivo che pone il senso della rappresentazione in un costrutto poetico tale da ridefinire uno scenario dai forti contenuti espressivi. Un viaggio che racconta punti di vista, senza gerarchie ne retoriche visioni.
Paolo Falcone
Copyright Shobha
All rights reserved
eng
Art and life, a bond that has always belonged to man and that is expressed through the desire to communicate. Every day each of us should look at a painting, a photograph, read a book, listen to music in order to be able to release within ourselves the energy necessary to live, express ourselves and defend ourselves.
This project was born on the occasion of the participation of the Sambuca Foundation at the 54th Venice Biennale.
The foundation supporting three important artists at the international exhibition Mariana Castillo Deball, Martin Creed and Philippe Parreno, the foundation has invited Shobha to tell this particular event, which for years has been working, producing and contributing to the narration of contemporary art with his camera in a sensitive and delicate way around the world. The story between Shobha and the biennial dates back to her adolescence when accompanied by her mother the great photographer Letizia Battaglia, she frequents all directions in which she discovers all the great artists of the last century This relationship of growth and knowledge continues over time.
In the meantime, Shobha elaborates and builds his expressive alphabet and exhibits in 1995 in the Venetian exhibition, in the years at the turn of the millennium in recounting each appointment, documenting everything that captures his attention. These are the years of the Szeemann biennials, where he meets and collaborates with many of the protagonists but not only. It portrays an insight into an entire creative world. It bears witness to the complex system of art between two millennia in continuous evolution, the result is surprising, a diary of a day among the many appointments of the biennial where each image is part of an overall design in which the chronology is canceled and becomes reflection, annotation, sign and note of a score. Strictly black and white photographs with a feminine look, where the main events are narrated which, through her interpretation, portray the scenario in its most intimate system. A story that captures characters and atmospheres, visions and contradictions such as to transform frame after frame into a unique representation and memory space. A path that starts from the Castle Gardens with the entrance to the international pavilion, where the wording "La Biennale" stands out surrounded by Maurizio Cattellan's pigeons to remind the space and time of this particular appointment. A shot that almost represents a distinctive sign. The journey winds through the works distributed in the various pavilions, where Shobha lingers on those that combine their vision with her narrative poetics which, in this visual itinerary, becomes part of a complex written note. A sequence that proceeds with a rhythmic scansion, regular punctual where expressions and emotions are immortalized. A tracking shot where the many subjects of this story follow one another such as the work by Philippe Parreno placed at the entrance to the international pavilion, a Hollywood-style light canopy, photographed by Shobha while in turn being photographed by a mobile phone with a couple below who kisses. A spectator in shaping Norma Jane's plastic material. A cube-shaped plasticine Egyptian flag that has become an element to be manipulated as a symbol of the disintegration that the country has experienced.
The gigantic sculpture/candle of an Urs Fisher, commented by a group of curious visitors. The dissonant architectural forms of Monika Sosnowska's pavilion.
Female legs in movement that are reflected in the mirrors of Monica Bonvicini's work. A spectator staring at the succession of images in Mariana Castillo Deball's video animation. And then a little girl inside the halls of the Russian pavilion listening curiously to this new world present at the biennial.
A young woman in the act of praying, with the work of Jannis Kounellis in the background and a bare back that contrasts with the tricolor rag flag of Michelangelo Pistoletto in our controversial national pavilion.
These photographic travel notes then wind through the works exhibited outside, works that invade the spaces and where Shobha places the accent on a group of enigmatic sculptures with a religious stamp by Katharina Fritsch with the background of industrial Venice which thus determines place and spatial context.
The sequence continues with Gelitin's performance, where a wild drummer beats the tempo of a living and ambient work with strong erotic/esoteric content. The itinerary continues with Franz West, a sculpture composed of a large pink knot created in the large space of the lawns of the Arsenale which is the prelude to a journey between suggestions and emotions.
The smoke given off by the futuristic architectural sculpture of the Chinese Cai Zhisong which engulfs the spectators creating a sense of estrangement, the paw of a large inflatable mouse of the Union Rats which welcomes the head of a young man amused in being reassured by the joviality of the subject.
Shobha does not leave out the side events. The Middle Eastern artists are striking for their strong formal and political expression, denouncing the conditions of their country that are still too violent, contradictory and discriminating for the female world. Shobha could not but record them and put them on display. The diary notes not only the places of art. Shobha walks through calli and campielli, warehouses and banks of the city, where extravagant characters wander from one appointment to another, from one inauguration to another, from one party to another, in the classic pleasant frenzy of Venetian paint. Shobha does not fix the individual subjects but captures their atmospheres.
The photographs as a whole therefore represent a moment of synthesis, where works and subjects are founded in building a compositional lexicon that places the sense of representation in a poetic construct such as to redefine a scenario with strong expressive contents. A journey that tells points of view, without hierarchies or rhetorical visione.
Paolo Falcone
Copyright Shobha
All rights reserved
