" IL SILENZIO È MAFIA " _FUNERALI DI PADRE DON PINO PUGLISI
Don Pino Puglisi, parroco che aveva sfidato i boss del quartiere Brancaccio a Palermo offrendo ai ragazzi un’alternativa ai fratelli Graviano, ucciso nel 1993.Padre Giuseppe Puglisi venne sorpreso alle spalle, centrato alla nuca da un unico colpo di pistola alle ore 20 e 40 del giorno 15 settembre 1993. Rapida e silenziosa fu la sequenza del delitto. Il killer esplodeva il colpo con un’arma semiautomatica. Nessuno aveva sentito nulla; nessuno in nessun modo aveva avvertito niente
Stava rientrando a casa nel modesto appartamento sito nella locale Piazza Anita Garibaldi al civico 5 del quartiere di Brancaccio ed aveva appena raggiunto il portone esterno d’ingresso. Gli assassini lo avevano atteso in quel luogo. Rapida e silenziosa fu la sequenza del delitto. Il killer esplodeva il colpo con un’arma semiautomatica di calibro 7.65, munita di silenziatore e da una distanza non superiore a venti centimetri dal bersaglio.
Il bossolo, residuo dello sparo, veniva rinvenuto dalla Polizia Giudiziaria nel corso del sopralluogo. Il referto autoptico dirà che la vittima era stata colta nell’atto di aprire il portone e proprio nel momento in cui, il capo leggermente reclinato in avanti, introduceva le chiavi nella serratura del portone.
Nessuno aveva udito il colpo di pistola; nessuno in nessun modo aveva avvertito alcunché.
Solo le grida di chi si era accorto che il corpo insanguinato di qualcuno giaceva sull’asfalto avevano di lì a poco richiamato l’attenzione di un agente di Polizia di Stato, Restivo Paolo, abitante nel vicino immobile sito al civico 3 della stessa Piazza Garibaldi. Quest’ultimo fissava l’ora di rinvenimento del corpo del povero Padre Giuseppe Puglisi alle ore 20 e 45 di quel giorno. Padre Puglisi era stato soccorso e trasportato al pronto soccorso del vicino ospedale Buccheri La Ferla. Qui i medici, nonostante prontamente intervenuti per soccorrerlo, dopo un inutile intervento, non avevano potuto far altro che constatarne il decesso.
Le particolari circostanze del delitto, e tra queste la mancanza di segni di colluttazione sul corpo dell’ucciso e il mancato ritrovamento del borsello della vittima, in uno alla personalità e all’impegno religioso e sociale del prelato, un esponente di grande levatura del clero siciliano, muovevano le indagini degli inquirenti in ogni ragionevole direzione di approfondimento, onde accertare la vera matrice e il reale movente dell’atroce scelta assassina.