L'ODISSEA DEI PROFUGHI KOSOVARI_
ita - L'odissea dei profughi Kosovari.
Quella mattina, quando Shemsi vide arrivare dal bosco i miliziani serbi il trattore sbandò per qualche metro poi Shemsi scivolò a terra e cominciò a correre verso la ferrovia. Shemsi non si voltò mai indietro. La notte dopo vagava terrorizzato per le campagne al confine con l'Albania. Due settimane dopo era sotto una tenda in un campo profughi in Macedonia. Un mese dopo era finito con la sua famiglia in Sicilia, rifugiato nell’ex base militare di Comiso, dove una volta c’erano i missili. Lontano dal suo villaggio per cento giorni, Shemsi ha fortunatamente rivisto i suoi campi di grano. E ha ritrovato il trattore rosso proprio dove l'aveva abbandonato quella mattina di fine marzo, quando i serbi fucilarono nel paese di Lipljan più di trenta uomini e violentarono più di 40 donne. Questa è la storia di Shemsi Sediu, un contadino kosovaro di 38 anni che al tramonto del 4 luglio del 1999 è tornato a casa con la sua famiglia, dopo un disperato viaggio per Terra e per mare, dal fondo dell'Italia fino alle fertili pianure del Kosovo. Quattro giorni e 4 notti, giorni lunghi, notti interminabili. Un passaggio in auto fino a Catania, un treno per Bari, una nave per Durazzo, un furgone per scavalcare le montagne dell'Albania e poi la frontiera di Morini, le attese infinite dietro i convogli degli altri profughi, le paure e le speranze di una vita dietro ogni curva e poi i pianti i silenzi, l'angoscia di non farcela, ancora i pianti e la voglia di arrivare a ogni costo e infine il dolore, le strade che attraversano Prizrene, Suareka e Pristina, Città simbolo della resistenza e della sofferenza Kosovara. Palazzi sfondati dalle granate, muri sfregiati dalle mitraglie, sentieri minati. Un percorso di guerra fino alla casa di Shemsi Sediu, occupata dalle milizie serbe come caserma, fortunatamente è rimasta miracolosamente intatta.
“Mia casa bellissima”, ci raccontava Shemsi quando l’abbiamo conosciuto a Comiso il mercoledì 30 Giugno 1999. Il giorno dopo siamo partiti con lui, l’abbiamo seguito fino al suo villaggio in Kosovo.
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"Nella primavera del 1999 ONU e NATO concordarono per la necessità di un intervento e durante il 1999 la Serbia, compresa la capitale Belgrado, fu ripetutamente bombardata. Nel frattempo, l’ONU instaurò un protettorato internazionale in Kosovo, permettendo a molti kosovari albanesi di rimpatriare.
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Kosovo - The refugee odyssey.
That morning, when Shemsi,saw the Serbian militiamen coming from the woods, the tractor skidded for a few meters, then Shemsi slipped to the ground and started running towards the railway. Shemsi never looked back. The following night he wandered terrified through the countryside on the border with Albania. Two weeks later he was in a tent in a refugee camp in Macedonia. A month later he ended up with his family in Sicily, a refugee in the former military base of Comiso, where the missiles once stood. Away from his village for a hundred days, Shemsi has fortunately seen his wheat fields again. And he found the red tractor right where he had abandoned it that morning at the end of March, when the Serbs shot more than thirty men in the town of Lipljan and raped more than 40 women. This is the story of Shemsi Sediu, a 38-year-old Kosovar farmer who returned home with his family at sunset on July 4, 1999, after a desperate journey by land and sea, from the bottom of Italy to the fertile plains. of Kosovo. Four days and 4 nights, long days, endless nights. A passage by car to Catania, a train to Bari, a ship to Durres, a van to climb over the mountains of Albania and then the border of Morini, the endless waiting behind the convoys of other refugees, the fears and hopes of a life around every bend and then the tears, the silences, the anguish of not making it, the tears again and the desire to arrive at any cost and finally the pain, the roads that cross Prizrene, Suareka and Pristina, a city symbol of resistance and of Kosovar suffering. Buildings smashed by grenades, walls scarred by machine guns, mined paths. A war route to the house of Shemsi Sediu, occupied by Serbian militias as barracks - and miraculously remained intact.
“My beautiful home”, Shemsi told us when we met him in Comiso on Wednesday 30 June 1999. The day after we left with him, we followed him to his village in Kosovo.
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"In the spring of 1999 the UN and NATO agreed on the need for intervention and during 1999 Serbia, including the capital Belgrade, was repeatedly bombed. Meanwhile, the UN established an international protectorate in Kosovo, allowing many Kosovar Albanians to repatriate.
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